Addolcire l’acqua: ne parla la legge

addolcire l'acqua

L’immagine in apertura è calcare al microscopio. Che fare in questi casi: meglio un addolcitore, un dosatore di polifosfati, altri filtri… o niente? La risposta, per gli impianti di riscaldamento, addolcire l’acqua è un toccasana, lo dice la norma UNI 8065:2019.


In passato abbiamo visto qual è la differenza tra purificatori d’acqua e addolcitori. Concentrandoci, adesso, soprattutto sul perché si debba scegliere l’uno piuttosto che l’altro. In sintesi possiamo dire che il purificatore (spesso definito anche depuratore) serve a eliminare batteri e diminuire la concertazione di minerali. Funzione diversa invece per l’addolcitore che riduce gli elementi che creano incrostazioni di calcare. Ci sono acque più o meno “problematiche”. La difficoltà, per una famiglia, è capire cosa sia più utile in casa. Bisogna capire se sia necessario, o no, usare un impianto di filtrazione per addolcire l’acqua.

Chi vende questi dispositivi – come noi – rischia di incorrere in un comportamento scorretto: allarmare i cittadini per spingerli all’acquisto. La verità, però, è che non tutti hanno bisogno dell’addolcitore ed è per questo che preferiamo far parlare chi legifera su materie tecniche. Iniziamo con una norma che rivela una buona prassi in generale, specificando successivamente quando sarebbe davvero necessario addolcire l’acqua.

“Se gli impianti sono alimentati con acqua di acquedotto, o comunque potabilizzata, i trattamenti generalmente richiesti sono essenzialmente due: (1) filtrazione di sicurezza per la protezione delle successive apparecchiature e del circuito idraulico; (2) addolcimento mediante resine a scambio ionico”.

Art. 5.1.1. della UNI 8065:2019

Quanto calcare c’è e perché addolcire l’acqua

Il calcare a cui ci si riferisce in genere in ambito domestico è un’incrostazione causata dall’unione tra ioni di magnesio e ioni di calcio. Questi due elementi presenti in sali solubili determinano la durezza dell’acqua. Quindi, più alto è questo valore, tanto maggiori sono le possibilità che si formino incrostazioni nelle tubature, nelle caldaie e negli elettrodomestici in generale. Secondo il gestore della rete idrica napoletana, l’Abc, un’acqua oltre i 38 °f (“38 gradi francesi”: un sistema di misurazione della durezza dell’acqua) causa un aumento dei consumi.

In alcune regioni, tra le quali la Campania, le acque tendono ad essere molto dure e spesso oltre il valore indicato dall’Abc, per cui è consigliabile addolcire l’acqua. In genere, comunque, un’acqua si definisce “dura” quando supera i 20 °f. La norma UNI 8065:2019, però, mette in relazione durezza dell’acqua e tipologia necessaria di impianto di addolcimento.

Perché la norma del 2019 indica l’addolcitore

Partiamo dalle basi: tutte le norme “UNI” sono emesse dall’Ente Nazionale di Unificazione, con lo scopo di normare materie tecniche. Non hanno valore di legge, ma spesso sono recepite come leggi vere e proprie ed acquistano, in ambiti precisamente circoscritti, valore cogente. È il caso della UNI 8065:2019. Essa è una norma approvata il 18 luglio 2019. Questa è intitolata “Trattamento dell’acqua negli impianti per la climatizzazione invernale ed estiva, per la produzione di acqua calda sanitaria e negli impianti solari termici”.

Impianti di riscaldamento oltre i 350 kW

Secondo questa norma, l’addolcitore è sempre necessario nel caso in cui l’impianto di riscaldamento superi i 350 kW e l’acqua abbia una durezza superiore a 15 °f (praticamente ovunque, a Napoli, stando ai prelievi di settembre 2019).

“Per gli impianti di potenza maggiore di 350 kW (300 000 kcal/h) è necessario installare un filtro di sicurezza (consigliabile comunque in tutti i casi) e, se l’acqua ha una durezza totale maggiore di 15° fr un addolcitore per riportare la durezza entro i limiti previsti in 6.1.3”.

Art. 6.4.1. della UNI 8065:2019

L’articolo citato nella norma (il 6.1.3) spiega che un impianto di riscaldamento dovrebbe far circolare acqua inferiore ai 15 °f.

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Impianti di riscaldamento al di sotto dei 350 kW

Viceversa, nel caso in cui l’impianto di riscaldamento abbia una potenza inferiore ai 350 kW (in casa, quasi sempre), secondo la norma l’addolcitore è consigliato per durezze superiori ai 35 °f. Nella sola città di Napoli oltre il 60% dei quartieri supera tale livello (scopri quanto calcare c’è nei quartieri di Napoli). Altri sistemi di addolcimento – come dosatori di polifosfati o altri filtri – possono essere usati a durezze inferiori, evidentemente perché non riescono ad abbassare la durezza ai limiti della UNI 8065:2019.

Cosa fa il calcare e cosa l’addolcitore

Le incrostazioni di calcare oltre a causare danni a lavatrici e lavastoviglie, comportano una perdita di efficienza della caldaia e del sistema di riscaldamento ad acqua calda, in generale. È per questo motivo che l’Abc di Napoli scrive sul sito ufficiale che un’elevata durezza dell’acqua causa “deposito di incrostazioni nelle tubazioni. Ciò avviene in particolar modo negli impianti di riscaldamento, e richiede nel lavaggio della biancheria un elevato consumo di detersivi”. Il calcare, insomma, non è solo questione di sporco, ma un nemico capace di ridurre una lavatrice “in fin di vita” e di intiepidire il sistema di riscaldamento.

Per quanto riguarda invece l’azione dell’addolcitore, possiamo osservare che la sua azione è particolarmente incisiva e aiuta a tutelare tubature, caldaie ed elettrodomestici. È per questo motivo che, come visto, l’Ente Nazionale Unificazione lo indica, in determinate situazioni, come il migliore dispositivo per ridurre fortemente la durezza dell’acqua. Circa cosa sia l’addolcitore, lasciamo parlare ancora una volta la norma UNI 8065:2019.

“Mediante addolcimento con resine sintetiche si sostituiscono gli ioni incrostanti o duri (calcio o magnesio) con ioni che non formano incrostazioni (sodio)”.

Art. 5.3.2.1. UNI 8065:2019