Mezzo pieno o mezzo vuoto? Quale che sia la visione del tuo bicchiere, se l’hai riempito con acqua minerale in bottiglia, di certo è costato troppo sia a te che alla collettività. I dati che raccogliamo in questo articolo sono utili a descrivere in maniera sintetica e documentata il grande business dell’acqua. Ma qual’è il consumo d’acqua al Sud? Si tratta di un “affare” che il consumatore finisce per alimentare anche malvolentieri, spinto da buone intenzioni e paure reali. Ecco, però, sette dati che dovrebbero invitarti a valutare le alternative.
1. Il 33% dei Campani non si fida dell’acqua di rubinetto, ecco spiegato il consumo d’acqua al Sud
Secondo l’Istat, nel 2019 la fiducia verso l’acqua di rubinetto è in crescita, anche se i dati successivi sembra dicano ben altro. Nel 2002 il 40,1% delle famiglie italiane non si fidava dell’acqua di rubinetto; nel 2019 scendono al 29%. In Campania la percentuale di “sfiduciati” è maggiore: il 33%.
2. Il 62,8% acquista più di un litro d’acqua minerale al giorno
Ma se c’è tanta fiducia dichiarata, perché nei fatti il 62,8% delle persone acquista più di un litro d’acqua minerale al giorno? I dati sono ancora quelli dell’Istat e fanno riferimento al solo Mezzogiorno. In tutta Italia l’uso di acquistare acqua minerale è ancora più diffuso, interessando il 65% della popolazione.
3. Quasi il 40% di acqua si “perde” nella rete idrica
Il 37,3% dell’acqua immessa nella rete idrica si perde per le cause elencate dall’Istat:
Le perdite totali di rete si compongono, oltre che di una parte fisiologica […] anche di una parte dovuta a vetustà degli impianti e a rotture, componente prevalente soprattutto in alcune aree del territorio, e di una parte amministrativa, legata a errori di misura dei contatori e ad allacci abusivi.
“Vetustà degli impianti e rotture” rappresentano dunque la parte più rilevante tra le cause della dispersione di acqua. Ciò potrebbe spiegare almeno in parte la sfiducia dell’utenza verso l’acqua di rubinetto, considerato che la rottura di una tubatura non rappresenta solo un problema “in uscita” (l’acqua esce), ma anche “in entrata” (ingresso di inquinanti).
4. Più di 200 euro l’anno per il consumo d’acqua al sud in bottiglia
Nel 2018, in media le famiglie italiane hanno speso 14,65 euro al mese per l’acquisto di acqua in bottiglia (dati Istat). Si tratta di una media, inclusiva anche di quelle famiglie che non acquistano affatto acqua in bottiglia. Ciò implica che, in realtà, la spesa è ben maggiore. Si aggiunga che nel Sud Italia il valore sale a 16,87 euro al mese, ossia 202,44 euro l’anno e includendo sempre nel calcolo anche le famiglie che non acquistano affatto acqua in bottiglia.
5. L’acqua in bottiglia costa 6.000 volte di più di quella di rubinetto
La fornitura d’acqua mensile delle famiglie italiane costa appena 2,2 euro in più rispetto a quella dell’acqua in bottiglia e include quella che usiamo per cucinare, lavarci, innaffiare, etc. Quei due euro, dunque, sono un’inezia e sono spiegati dal fatto che l’acqua in bottiglia, come osserva ancora una volta l’Istat, costa al consumatore finale, circa 6.000 volte di più dell’ “acqua corrente”.
6. Il costo dell’acqua incide per l’1% sul prezzo della bottiglia di plastica
Per fare una bottiglia per la commercializzazione dell’acqua serve il PET, per produrre una cui tonnellata ce ne vuole una e mezzo di petrolio. A ciò si aggiunga l’energia necessaria per trasformare il PET in bottiglie ed ecco spiegato perché il prodotto in sé incida solo per l’1% del prezzo finale dell’acqua in bottiglia.
7. Buttiamo 33.000 bottigliette al minuto nel Mar Mediterraneo (e poi ce le mangiamo) dovuto al consumo d’acqua al Sud e non solo
Secondo quanto dichiarato dal WWF, nel Mar Mediterraneo sono sversati ogni minuto l’equivalente di 33.000 bottigliette d’acqua. Una situazione che vede il nostro paese in prima linea, purtroppo, sia perché abbiamo la maggiore estensione costiera nel Mare Nostrum, sia perché siamo i maggiori produttori di plastica. Il risultato di questo inquinamento si traduce in microplastiche che danneggiano l’ambiente e che attraverso il pescato, come rivelato dalla University of Victoria (Canada), torna nel nostro piatto.
Liberarsi dell’acqua in bottiglia è una questione etica, economica, ecologica.